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venerdì 3 maggio 2019

Doom Patrol, la serie TV



Mi sto finalmente mettendo in pari con "Doom Patrol", seconda serie TV a uscire dopo "Titans" per piattaforma streaming DC Universe.
Per cominciare, direi che si conferma l'attitudine della DC a centrare il bersaglio con produzioni seriali televisive, fallendo invece al cinema, nel seguire frettolosamente i passi della Marvel-Disney. "Doom Patrol" si presenta ufficialmente come uno spin off del già interessante "Titans", per quanto questa definizione gli venga stretta. I personaggi sono stati introdotti in una sola puntata del serial madre e oggi sono sdoganati in una serie autonoma che segue uno stile tutto suo e modifica il cast, aggiungendo un sempre carismatico Timothy Dalton nel ruolo di Niles Caulder e Brendan Fraser come Cliff Steele. In comune con "Titans" resta quel suggerimento di avventure ai margini di un mondo più vasto, dove i supereroi celebri sono nominati, ma restano invisibili. Una retrovia in cui i protagonisti, qui ancora più che in "Titans" devono sgomitare per trovare un loro ruolo. Se con i Titani si era scelta un'atmosfera ibrida tra il crime e l'horror, in "Doom Patrol" il registro è più ironico e a tratti (giustamente) demenziale. Senza escludere espliciti riferimenti al ciclo scritto da Grant Morrison, che rilanciò a suo tempo la serie a fumetti introducendo più di un personaggio che qui la fa da padrone. Il villain Mr. Nobody, interpretato dal "josswehdiano" Alan Tudyk è sicuramente uno dei punti di forza della serie, usato in modo metanarrativo, a volte come io narrante e commentatore degli eventi (anche se forse la sua resa farà storcere il naso a chi ama fare le pulci agli effetti visivi). 

Ricordiamo, inoltre, che nei fumetti, Doom Patrol e X-Men nacquero insieme, influenzandosi su parecchi punti (compresa una certa sedia a rotelle). Ma se i mutanti Marvel hanno preso la strada della critica sociale e della metafora della diversità che lotta per i suoi diritti alla vita, la Patrol è forse ancora più inquietante. Simbolo di una diversità sì mostruosa, ma che può alludere anche a un disadattamento psicologico, uno scollamento dalla realtà che tende più alla crisi esistenziale e a una lotta per restare in vita e in piedi in un mondo privo di vero senso. Gli antieroi della Doom Patrol, nella serie TV come nei fumetti, non sono supereroi reietti. Sono reietti con superpoteri, presentati come una sorta di famiglia Addams chiamata dal caso a occuparsi di faccende bizzarre che sono decisamente troppo pazze, troppo oltre perché gli eroi canonici possano gestirle.
Mentre la prima stagione marcia verso la conclusione, l'esperimento sembra riuscito e ci da motivo di attendere il prossimo arrivo di "Swamp Thing", per la stessa piattaforma streaming, che recupererà (così pare) temi e atmosfere del celebre ciclo di Alan Moore.
Un altro modo di intendere gli eroi super dei fumetti e un altro modo di tradurli in live action. Curioso anzicheno. Peccato che di queste serie, almeno finora, se ne parli così poco.


lunedì 18 dicembre 2017

Era la Notte prima di... KRAMPUS!


Natale: ricorrenza, tradizione… festività? Come che sia, qualcuno ama rispettare certi appuntamenti. Il Natale è la festa della nostra infanzia, ma può anche essere il pretesto per osservare con occhio più smaliziato i rottami di un giocattolo che nel tempo si è guastato (ma con il quale si può sempre giocare e trasformare in altro). Riparliamo del Klaus di Grant Morrison (pensavate che fosse finito là dove l’avevamo lasciato? Naaaaa!) e dell’indipendente Tim Baron con il suo “T’Was the Night Before KRAMPUS”. Un alternativo, psichedelico, tenebroso, cinico, goliardico, piacevole Natale a tutti quelli che apprezzano almeno un pezzetto di questo menu festivo. 

giovedì 19 gennaio 2017

The Savage Sword of Jesus Christ [di Grant Morrison e Molen Bros]


«Non sono venuto a portare la pace... ma la spada!»

La frase del Vangelo diventa il simbolo di una nuova opera provocatoria dell'autore scozzese Grant Morrison, il cui primo capitolo è appena stato pubblicato sul numero 284 della rivista statunitense Heavy Metal. Un Gesù feroce e invincibile, che scende dalla croce per andare alla conquista di un mondo che reclama come suo regno. Questo secondo la fantasia malata di Adolf Hitler, in un'ipotetica applicazione di quello che fu il Cristianesimo Positivo, progetto nazista di epurazione della matrice ebraica dalla religione cristiana per forgiare un vessillo funzionale al Terzo Reich. L'irriverenza di Morrison si serve di quella folle reminiscenza storica per produrre una metafora sulla contraffazione strumentale delle culture e dei linguaggi. Un fumetto violento, ironico e grottesco che sicuramente farà discutere.

Cover of Conan Theme (Anvil of Crom by Basil Poledouris) di Camilo Melgaço Canale Youtube di Camilo Melgaço: https://www.youtube.com/channel/UCe91...

Aquista Heavy Metal 284 (formato Kindle in inglese) su Amazon: http://amzn.to/2jyaeJX

giovedì 22 dicembre 2016

Rocket Balloon Speciale Natale

Ascolta Rocket Balloon Ep 4: SPECIALE NATALE" su Spreaker.

In occasione delle feste natalize, ecco il primo speciale di Rocket Balloon dedicato al Natale, qui in versione podcast su Spreaker (dove è possibile recuperare l'intera serie della trasmissione). Si parla ovviamente di fumetti a tema Natalizio, ma anche di cinema (natalizio), di incarnazioni più o meno trasgressive di Babbo Natale e persino del recente trailer di Spider-Man: Homecoming, che riporterà l'Uomo Ragno al cinema con il volto del giovane attore Tom Holland. Il tutto servito da Runtimeradio.it e sempre condotto dal sottoscritto e dallo spumeggiante Peppe Saso. 
Buon ascolto e buone feste.

martedì 13 dicembre 2016

Klaus e Happy: il Natale secondo Grant Morrison


Attenti! Il Natale vi insegue. Inutile scappare. Potete solo provare a nascondervi, e sperare che non vi trovi. Ma quello è scatenato, e non sarà contento se non vi avrà travolto in un modo o nell'altro. Quindi si salvi chi può, e cerchiamo di vivere le feste nel modo che ci è più congeniale. Altrimenti si trasforma. Diventa astuto. Dispettoso. Pericoloso. Tenetelo buono come potete. Lusingandolo, se volete, o ignorandolo se preferite... Ma non dategli mai da mangiare dopo la mezzanotte. Solo che ci sarà sempre una parte del mondo in cui la mezzanotte è passata. E allora potrebbe arrivare il Krampus e... Insomma, è ancora una volta Natale, e la creatura più sexy del mondo distribuisce regali a tutti... o quasi. Ancora una volta, da un Altroquando, un "buone feste" che si propone di essere vario, ironico, e quanto più festoso possibile, in barba (bianca) a ogni omologazione commerciale. Quest'anno ci vengono in aiuto il mito del Krampus, ma sopratto Grant Morrison con due sue opere dedicate al Natale: Klaus (ovvero le origini di Babbo Natale) e Happy, un crime natalizio brutto, sporco, ma dopotutto non troppo cattivo. In fondo è Natale. Anche per i gremlins.
Buone feste da un Altroquando.

giovedì 24 novembre 2016

La Croce e la Spada: esordisce a Dicembre il Gesù "Barbaro" di Grant Morrison


Il 28 Dicembre 2016, in America, debutterà su Heavy Metal Magazine il primo capitolo di "Savage Sword of Jesus Christ" scritto da Grant Morrison e disegnato dai fratelli Molen. Non si tratta di una rielaborazione di una figura iconica come già fatto con Babbo Natale nella miniserie "Klaus" per la Boom! Studios. Qui parliamo di qualcosa di completamente diverso, che immancabilmente farà discutere. L'accostamento tra la figura di Cristo e quella di Conan il Barbaro (citato espressamente nel titolo, con quello stesso "savage sword" che accompagnava una delle tante serie a fumetti dedicate al mercenario dell'era hyboriana) non è neppure il più stravagante tra i suoi aspetti. Per inciso. Qui parliamo di un fumetto realizzato per essere pubblicato su Heavy Metal, una realtà editoriale che ha radici profonde e legate da sempre alla provocazione, all'underground e alla rottura delle regole, a un disegno aggressivo. Per non parlare dei contenuti, spesso legati a un fantastico cupo, alla violenza grafica, alla sessualità a volte esplicita. Ancora si sa poco di questo "Savage Sword", ma sembra chiaro che all'origine del lavoro di Grant Morrison c'è il progetto nazista denominato Positive Christianity ideato da Adolf Hitler. Una sorta di "nazistizazione" della figura di Cristo, volta a negare il suo retaggio ebraico, e a rappresentare una mossa diplomatica nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche tedesche, di norma conniventi con il partito nazista.


A Hitler della religione non poteva fregare di meno (nel suo privato, politicamente le apparenze potevano essere altre), ma lo strumento di propaganda che ammorbidisse i rapporti con la chiesa in Germania gli sarebbe tornato utile. Pare che le intenzioni di Morrison (che potrebbe sfruttare l'occasione per seminare legami con la sua opera precedente "The new adventures of Adolf Hitler") sia quella di trasporre il manifesto programmatico hitleriano, volto a rendere Cristo ariano e simile al superuomo della sua visione autoritaria, in chiave fumettistica. Ma questo potrebbe anche significare che in "The Savage Sword of Jesus Christ", il caro Gesù potrebbe non essere il vero protagonista, e apparire in segmenti narrativi legati a un discorso più ampio, collegato ad aspetti storici e forse alla presenza del fhurer stesso. Certo è che le immagini promozionali divulgate, mostranti una delle crocifissioni più splatter della storia, ricordano davvero molto il Conan di Robert E. Howard inchiodato all'albero del dolore (episodio citato anche nell'ormai classico film di John Milius con Arnold Schwarzenegger. Chi vivrà vedrà. Sicuramente la nostra attenzione, Morrison e Heavy Metal sono già riusciti a catturarla. Amen.


sabato 20 agosto 2016

Dave McKean vs i Supereroi


Batman - Arkhm Asylum. L'innovativo graphic novel scritto da Grant Morrison e disegnato da Dave McKean compie 25 anni dalla sua prima apparizione nel nostro paese. E gli anniversari sono spesso anche spunto di polemiche. Il grande Dave McKean, che dell'opera di Morrison firmò le spettacolari illustrazioni, oggi sembra non ricordare con troppo affetto quei suoi trascorsi lavorativi. Anzi, a suo dire pare il genere supereroistico sia addirittura dannoso, un gorgo culturale che potrebbe portare anche alla deriva politica degli Stati Uniti. Ma siamo sicuri che volesse dire questo? E soprattutto... quanto dobbiamo prenderlo sul serio?

domenica 25 ottobre 2015

La Nona Scelta: al TMO Grant Morrison parla con gli dei



TMO, ALIBI e ALTROQUANDO PRESENTANO:

“La nona scelta:Intrecci e storie di fumetti e fumettari”
ORE 19,30: Aperitivo rinforzato, preparato, come sempre, con prodotti genuini.
0re 20,30 Presentazione del documentario in programma e proiezione di corti selezionati da Marco Milone.
ore 21,00 Proiezione Documentari


Organizzato da: 

TEATRO MEDITERRANEO OCCUPATO:https://www.facebook.com/Teatro-Mediterraneo-Occupato-192780840914999/

ALIBI: https://www.facebook.com/AssociazioneCulturaleAlibiAltrove?fref=ts

ALTROQUANDO: https://www.facebook.com/AltroQuando-109922758526/


Lunedì 26 Ottobre “Grant morrison talking with gods" di Patrick Meaney(2011)

Grant Morrison è un fumettista scozzese. Appartiene alla New Wave degli scrittori di fumetti britannici degli anni ottanta e novanta. Diviene famoso a livello internazionale per la sua opera Batman: Arkham Asylum (del 1989) e per aver rilanciato la Justice League of America della DC Comics (dal 1997) e gli X-Men della Marvel Comics (dal 2001). Nel corso degli anni si è guadagnato un seguito di fan che lo considerano una rock star dei fumetti, questo grazie al suo stile innovativo e anticonvenzionale, emerso soprattutto nelle sue opere con personaggi meno conosciuti quali Zenith, Animal Man, Doom Patrol e The Invisibles. Negli ultimi anni ha lavorato quasi esclusivamente per la DC Comics dove ha avuto il compito di rigenerare il personaggio di Superman all'interno del progetto The New 52. Il documentario racconta l'evoluzione artistica e spirituale di uno dei più interessanti e prolifici autori di fumetti e "Graphic novel", i suoi interessi per la magia, la spiritualità e l'esoterismo.
Lo sceneggiatore ha già dimostrato di essere speciale attraverso le sue opere, rilasciando fumetti di ogni genere, mai scontati, sempre ricchi di elementi originali e contorti. Tanti supereroi celebri hanno ricevuto la sua cura e nella maggior parte dei casi hanno vissuto periodi editoriali felici ed hanno fatto la gioia dei fans. Morrison è diverso e lo dimostra anche attraverso altri atteggiamenti. L'ultima sua bizzarria l'ha combinata in occasione della presentazione del libro Supergods, all'interno della fumetteria Meltdown Comics (Los Angeles). Grant ha chiesto a Gerard Way una chitarra e ha iniziato a cantare una canzone assai particolare. L'autore ha svelato che la canzone gli è stata donata da John Lennon durante un rituale magico (pratica spiegata anche in un numero del suo Invisibles, dove veniva messa in atto dal personaggio King Mob).

martedì 1 settembre 2015

Gli Dei di Rimpiazzo: Supereroi, Religioni e Macchine del Tempo...


The Replacement Gods” (“Gli dei di rimpiazzo”) è un documentario americano del 2012 prodotto dalla Little Lights Studios, studio cinematografico senza scopo di lucro per la divulgazione religiosa presso i giovani, che tratta dei fumetti di supereroi e della loro ingombrante (e ovvia) parentela con le mitologie antiche, l'esoterismo, le simbologie bibliche. L'approccio è protestante e, benché il film non contenga alcun riferimento esplicito, si direbbe espressione della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, cui è legato anche Light Channel Italia, che ne ha curato per l'appunto l'edizione italiana.

Un film di 95 minuti molto denso. Discutibile e interessante nello stesso tempo. Affascinante per la ricchezza dei contenuti e spiazzante per le improvvise cadute di tono. E' curioso notare (da liberi pensatori) come l'argomento alla base del documentario (che, ricordiamo, parla dei supereroi, della loro genesi e soprattutto della loro funzione) non è prettamente “protestante”, ma ha radici comuni al cattolicesimo più antico. Peccato che questo non sia un apprezzamento positivo o ecumenico. Quel che viene spontaneo commentare è che il mondo cattolico, con tutte le sue resistenze e pregiudizi, si esprimeva con determinati toni e messaggi nel Medioevo, agli inizi della sua storia istituzionale. Qui ci troviamo, invece, in presenza di un titolo del 2012. E la cosa, per chi ha un approccio laico alla vita e ai fumetti, è abbastanza disturbante.


E' il caso di premettere che le critiche (che ci saranno) non sono rivolte alla fede Avventista in sé, ma ai toni e ai contenuti di questo film (benché sia lecito supporre che siano stati approvati e allineati con le linee generali della confessione cui appartengono). Per capire subito di cosa stiamo parlando, basta un riassunto del tema principale del documentario prodotto dal Little Light Studios (e reperibile anche in italiano su Youtube). Il senso di tutto è che i fumetti di supereroi sono strumenti diabolici, volti a perpetuare (così come le antiche mitologie) un inganno nei confronti del genere umano, e indurlo a venerare falsi dei, in modo da confondere le acque e sviare dall'accoglienza di Cristo (soprattutto nella sua seconda venuta).

E' inquietante scoprire come le parole di Sant'Agostino in De Civitate Dei, agli albori della chiesa cattolica, siano state riciclate in ambito protestante riportando di fatto indietro il tempo (e il modo di intendere la spiritualità) di secoli. Per Agostino, le divinità dei pantheon pagani (buone o cattive che fossero) non erano semplicemente delle figure simboliche di forze della natura e di emozioni umane. Erano entità reali, ma di natura demoniaca, il cui ruolo era quello di farsi adorare al posto dell'unico vero Dio e di screditarne l'esistenza. Non a caso, in molte narrazioni di genere horror a tema demoniaco, le presenze diaboliche portano nomi di antiche divinità. Persino nel celebre romanzo e film “L'Esorcista”, il demone protagonista è Pazuzu, un tempo divinità assiro-babilonese dei venti e delle tempeste. La patristica e i padri della chiesa riscrissero pazientemente le mitologie pagane per creare il nemico di cui la propaganda della nascente istituzione ecclesiastica aveva bisogno. Per questo, oggi, vedere un film come “Gli Dei di Rimpiazzo” è un'esperienza bizzarra. Interessante e irritante nello stesso tempo.


Il documentario si apre e si chiude nel modo peggiore possibile. Lo spezzone iniziale è un documento d'epoca che ci riporta alla nascita del comics code americano, alla crociata contro i fumetti dello psichiatra Fredric Wertham e al suo “La Seduzione dell'Innocente”. Al termine di quella sequenza, lo spettatore è indotto a pensare che il filo del discorso verrà ripreso. Invece no. Termina lì, quasi fosse un'epigrafe posta a memento per i posteri. In sostanza, per il film, quanto contestato ai fumetti da Fredric Wertham era vero e legittimo. E sembra suggerire che sarebbe una posizione da recuperare in questi anni bui. La tirata finale, invece, è tra le più scontate in ambito religioso (tanto da livellare praticamente qualsiasi confessione cristiana), e conclude la disamina affermando che uno solo è il supereroe che dovremmo tutti adorare e che ci salva, e cioè l'unico e solo Gesù Cristo.

Un documentario di propaganda religiosa, dunque, ma non privo di spunti di interesse. I rapporti tra la nascita dei supereroi e le antiche mitologie è curato e supportato da fonti che destano la curiosità dello spettatore. Non lesina neppure l'inserimento di interviste o citazioni di opere di Alan Moore e Grant Morrison, e il loro rapporto con l'occulto. Peccato che alla fine scopra i giochi con l'affermazione puerile e dichiaratamente propagandista che niente di buono può venire da storie a fumetti scritte da chi è abituato a flirtare con i demoni. Il concetto di inversione (cioè mettere Lucifero al posto di Cristo e rendere il primo un eroe e il secondo un malvagio protettore dello status quo) avrebbe (qualora affrontato in modo più distaccato) potuto prestarsi a un'affascinante lettura metaforica (e politica) di rovesciamento dei ruoli precostituiti. Batman, esempio di eroe moderno che fa della simbologia demoniaca un lampante ribaltamento tra luce e tenebre, tra bene e male, dovrebbe essere uno dei punti cardine di questa analisi religiosa. Succede, però, che “Gli Dei di Rimpiazzo” finisce con il disinnescarsi da solo, quando (esaminando le pellicole dedicate all'Uomo Pipistrello nel corso degli anni) confonde con ingenuità disarmante il personaggio di Joker con quello dell'Enigmista, come se fossero un unico villain. E lo fa più volte, con uno scivolone che non sfugge ai lettori abituali, rivelando una falla molto grossa nella conoscenza e nell'attenzione degli autori nei confronti del media di cui stanno discutendo. Né parliamo di un errore da poco, giacché se ho una tesi da dimostrare, e sono in grado di citare la Bibbia, la Cabbala, antiche leggende e testi esoterici, dovrei dimostrare di conoscere i rapporti e le identità di banali personaggi dei fumetti. Ancora più allarmante è l'uso parziale e manipolatorio delle interviste tratte da più documentari preesistenti. La testimonianza farlocca (un semplice scherzo, in realtà) di Warren Ellis sulle presunte pratiche negromantiche di Grant Morrison, estratta dal film "Talking with Gods", è proposta fuori contesto, come un atto d'accusa talmente serio e inquisitorio da dare i brividi.
Questi elementi causano un clamoroso autogoal. Infatti, tutto ciò che si è ascoltato nei minuti precedenti si appanna, diventa dubbio. Posso e devo fidarmi delle notizie fornite da una fonte così dichiaratamente faziosa, apparentemente erudita, ma pronta a scivolare così platealmente su una buccia di banana?


Alla resa dei conti, “Gli Dei di Rimpiazzo” è un documentario pensato per denunciare un complotto mistico in cui i fumetti di supereroi giocherebbero un ruolo importantissimo. Far credere ai giovani che Cristo è malvagio, rendere la sua divinità irriconoscibile come lo fu per chi lo inchiodò alla croce, e alimentare l'attesa di un messia più terreno, più pragmatico, che salvi fisicamente e non spiritualmente. I temi trattati restano stimolanti dal punto di vista storico e antropologico, ma non può che far balzare il cuore in gola per la profonda arretratezza del messaggio di base, l'incapacità di accettare l'innocenza dei sogni, delle simbologie popolari più ingenue e la loro fondamentale inoffensività. Sembra, a tratti, di essere veramente tornati ai tempi del dottor Wertham, e si prova disagio per il fatto di non riuscire a smettere di guardare, di ascoltare. Sì, perché “Gli Dei di Rimpiazzo”, nonostante la consistente falla di credibilità, dimostra una forza affabulatoria non da poco, e i vari parallelismi possono essere seguiti e apprezzati da chi ama i supereroi senza leggervi nessun contenuto volto a influenzare la nostra personale visione religiosa.

Gli Dei di Rimpiazzo” è un documentario che va visto. Magari criticato. Ma non evitato per preconcetto. Anzi, va conosciuto proprio per scoprire quanti punti di vista differenti possano esistere sulla Nona Arte e sulla figura, oggi sfruttatissima, del supereroe. Il film commette anche l'errore di predicare ai convertiti (il tono dello speaker è sempre da sermone e dà molto, troppo per scontato di stare parlando a un pubblico credente) e di utilizzare in modo strumentale (e forse anche un poco scorretto) testimonianze più o meno dirette di due mostri sacri del mezzo: Moore e Morrison, qui presentati (sebbene tra le righe) quasi come profeti del Male e sabotatori dell'opera di rivelazione dell'unico vero Dio. Peccato, aggiungerei, che gli autori abbiano completamente dimenticato l'opera “Promethea” di Alan Moore e il suo particolare concetto di Apocalisse. Ne avremmo visto e sentite delle belle. Ma forse, Promethea e i suoi miracoli è troppo buona, troppo saggia, troppo donna per figurare come messia nero. Probabilmente è per lo stesso motivo che il personaggio di Wonder Woman, presente nel documentario, non è approfondito più di tanto. Eppure sarebbe stato uno spunto per parlare del nascente femminismo, delle streghe e del loro rapporto con i segreti della natura, osteggiate dal maschio detentore del potere tanto in famiglia quanto presso l'ordine costituito. Ma parliamo di un'opera di propaganda, e non possiamo aspettarci che sia quello che non è. Possiamo prendere ciò che offre di accattivante, e cioè le concatenazioni tra mito e fumetto contemporaneo, con la sacrosanta raccomandazione di controllare le fonti e approfondire per conto proprio. Non sia mai di confondere un personaggio con un altro, servendo su un piatto d'argento al nostro uditorio una ricca porzione di dubbi su quanto detto prima e dopo.

Gli Dei di Rimpiazzo” è un documentario non mainstream, non contiene niente di politicamente corretto. E' schierato, è quello che è: un veicolo di propaganda religiosa. E va fruito con questa consapevolezza. Pertanto, guardate il film, pensateci su, discutetene con i vostri amici. Una cosa è sicura. Lo spunto di conversazione (o dibattito) è molto consistente.







domenica 17 maggio 2015

Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia


17 Maggio... Giornata Internazionale contro l'Omofobia e la Transfobia.

Una di quelle date stabilite come promemoria, una sorta di agenda morale, fatta per ricordarci temi etici o eventi storici tragici, affinché si rifletta, almeno per un giorno, su argomenti che... evidentemente, hanno ancora bisogno di una nota in agenda.

Almeno per un giorno.


Essere cinici è facile. Io stesso lo divento di frequente, e spesso mi lascio andare all'insofferenza per quelle che a volte appaiono come feste comandate. Ma esistono argomenti che investono la vita, la dignità delle persone. Ed esistono scelte cruciali per tutti gli individui, sulle quali i comuni cittadinie e soprattutto quanti li governano, non possono permettersi di glissare. Scegliere se restare umani, vivere secondo cultura, e quindi continuare a progredire, o secondo natura, quel concetto tanto spesso chiamato in causa in modo superficiale ed errato per troncare discorsi scomodi e continuare a sguazzare nella propria beata, comoda ignoranza. Oggi, l'Italia ha bisogno di note in agenda come questa. Uno dei pochissimi paesi in Europa a non aver legiferato adeguatamente (diciamo pure che ci ha nemmeno lontanamente provato) sulle unioni civili e (non sia mai) su una legge che sancisca una volta per tutte che discriminare, offendere e aggredire a causa dell'orientamento sessuale è un reato.


Una giornata, dunque, per ricordarsi che ancora oggi tante persone omosessuali e transessuali sono discriminate, perseguitate, dileggiate. Una nota in agenda che tornerà il prossimo anno, come tante altre, mentre molti tra noi sperano che nel frattempo il clima sia cambiato.
Noi di Altroquando vogliamo celebrare questa giornata con un sorriso e il linguaggio, a noi caro, dei fumetti. Lo facciamo ricordando una pagina dell'opera di Grant Morrison The Invisibles, che vede protagonisti la bellissima drag queen Lord Fanny e il giovanissimo, irrequieto Dane.

Dane e Fanny sono appostati in auto durante una missione. Dane, che inizialmente aveva un atteggiamento decisamente omofobo, ha finalmente superato i suoi limiti e sta iniziando ad accettare affettivamente Fanny come persona. Nell'attesa, per fare conversazione, le dice: «Sei Ok, sai? Solo mi chiedo una cosa. Tu sei un uomo, giusto? E vorresti essere una donna. Allora perché non ti operi e risolvi la situazione?»

Fanny, quasi distrattamente, con l'ironia che la contraddistingue risponde: «Oh, beh, caro... Perché dovrei operarmi? Non sono mica malata! In fondo non è un pezzetto di carne in più a impedire a una ragazza di essere una vera ragazza.»



Tutti uguali davanti alla legge. Tutti pacificamente diversi ognuno a loro modo.
Questa è solo una possibile idea di giustizia.
Annotiamocela.








mercoledì 27 giugno 2012

Doom Patrol di Grant Morrison



In principio c'era una sedia a rotelle, e un gruppo di insoliti, stravaganti personaggi...

A differenza di quel che può sembrare, non stiamo parlando dei popolarissimi X-Men, ma della Pattuglia del Fato, la Doom Patrol, gruppo di supereroi minori di casa DC che effettivamente, nell'ormai lontano 1963, servirono da ispirazione a Stan Lee e Jack Kirby per quello che in casa Marvel sarebbe diventato “il gruppo più insolito di tutti i tempi”.
I protagonisti di Doom Patrol, creati da Bob Haney e Arnold Drake nello stesso anno dei mutanti Marvel, erano freaks trasformati dal destino in creature grottesche dai poteri strampalati, e per questo sfuggiti e temuti dalla gente comune. Più o meno la stessa sorte che sarebbe toccata ai loro cugini marvelliani, vittime della fobia antimutante. Molti personaggi oggi iconici della Marvel affondano le radici nelle avventure di antesignani a volte meno noti di loro se non misconosciuti. Questa prassi di clonazione era routinaria nell'ancora giovane mondo dei supereroi, e spesso in passato causò anche serie controversie legali quando i personaggi coinvolti potevano vantare un brand di sicuro appeal (vedere su tutti la questione Superman – Capitan Marvel, risolta anni dopo con l'assorbimento del secondo dallo stesso marchio DC). Sebbene gli X-Men siano rimasti a lungo in panchina rispetto a colleghi dal maggiore carisma commerciale, prima ancora del rinascimento posto in atto dallo sceneggiatore Chris Claremont (vero artefice del mito moderno relativo agli Uomini X), i mutanti Marvel hanno goduto di un'attenzione decisamente più alta rispetto al loro prototipo ispiratore, rubando loro la ribalta per molto tempo. Ed è bizzarro pensare che anche per la Doom Patrol, sia pure molto più tardi e con esiti totalmente differenti, sarebbe stato necessario il tocco di un geniale, giovane autore affinché l'idea di base finalmente dispiegasse le ali. Guarda caso, fatalmente, il medesimo scozzese fuori di testa che molti anni dopo avrebbe lasciato un'impronta lisergica anche sugli stessi X-Men: Grant Morrison.



 
Il professor Caudler, scienziato paraplegico, mentore e leader della Doom Patrol, aveva in verità parecchi punti di contatto con Charles Xavier (non i poteri telepatici, ma di sicuro il ruolo e molte altre caratteristiche, comprese le cicliche morti apparenti). Le problematiche esistenziali erano le medesime, e gli eroi tormentati quanto incompresi avevano già iniziato a definire il proprio mito. Come Robotman, un essere umano di cui si è salvata la sola materia cerebrale, posta da Caudler in un possente corpo cibernetico. Elastigirl e Negative Man completavano il primo e sfortunato nucleo dell'originale Pattuglia del Fato, destinato a perire in una devastante esplosione al termine di un'apocalittica battaglia. Dopo la catastrofe, la serie si trascinò stancamente per pochi numeri finché non giunse il momento del rilancio nella divisione Vertigo. Grant Morrison si era già segnalato come autore emergente e dalla forte personalità reinventando il personaggio di Animal Man, ancora oggi uno degli esempi di fumetto sperimentale e metalinguistico più importanti di sempre. Su Doom Patrol, Morrison per cominciare operò diverse trasgressioni riguardo cast e codice narrativo, adottando un linguaggio beffardo e surrealista. Ai redivivi Robotman e Caudler, Morrison accosta una serie di stravaganti new entry. Trasforma Negative Man, personaggio presente in varie incarnazioni sin dal principio della serie, in Rebis, creatura ibrida tra uomo e donna. Introduce la piccola Dorothy, ragazzina dal volto scimmiesco in grado di materializzare nella realtà tutto ciò che concepisce la sua immaginazione. Ma a bucare la pagina è l'esordio di Crazy Jane (Giovanna la Pazza), giovane schizofrenica dotata di innumerevoli personalità differenti, ciascuna delle quali è fornita di un peculiare superpotere.
 
 

Così riformata, la nuova Doom Patrol affronterà presto una serie di sfide surreali, dove la sostanza stessa della realtà verrà messa in discussione. Un viaggio psichedelico che non ha niente da invidiare alle follie di Lewis Carroll, denso di metafore esoteriche e di invenzioni esilaranti nella loro feroce, esplosiva demenza. Non a caso il team di avversari storici della Patrol, cioè la Confraternita del Male, nelle mani di Grant Morrison diviene la Confraternita del Dada, e i loro piani mutano in un delirante manifesto nichilista volto alla sovversione di tutto ciò che esiste. Creature censorie con forbici al posto delle mani, esseri che si esprimono per anagrammi, criminali dotati di poteri solo mentre dormono ed eroi depositari del mistero muscolare, allegorici viaggi nella psiche frammentata di Crazy Jane, versioni pop di Jack lo squartatore, una controfigura del mago cinico per antonomasia dell'universo DC e molto altro, rendono allegramente caotico e appassionante il viaggio che Morrison fa intraprendere alla sua personale Patrol, in direzione di un destino fuori dagli schemi seriali cui i lettori di ieri e oggi, cresciuti a continuity e crossover, sono assuefatti. Un vero deragliamento narrativo che segna la maturità artistica di Morrison, consegnando definitivamente la Doom Patrol alla storia del fumetto moderno.


La nuova edizione italiana, curata dalla RW – Lion, presenterà l'intero ciclo firmato dall'autore scozzese colmando un vuoto editoriale durato molti anni. Un'occasione da non perdere per scoprire o recuperare un ciclo di storie geniali, e un fumetto che ha veramente poco a che spartire con l'omologazione supereroistica più commerciale e prevedibile. Un peccato vedere come oggi lo stile di artisti del calibro di Richard Case e Scott Hanna, perfettamente a loro agio nel dare corpo ai deliri di Morrison, sia snobbato dai lettori più giovani, abituati a format grafici più manierati e stucchevoli. Per chi è in grado di apprezzare il meglio del fumetto prodotto alla fine del secolo scorso, capace di raggiungere vette di eccellenza tuttora latitanti nei titoli contemporanei, questa nuova edizione della Doom Patrol di Grant Morrison è sicuramente un gioiello da non lasciarsi sfuggire.

 Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.


[Articolo di Filippo Messina]

lunedì 19 settembre 2011

Superman - Action Comics 1


Si riparte. Ancora una volta, più veloci di un proiettile.

L'atteso (ulteriore) reboot (soltanto parziale, a detta di alcuni editor) delle 52 testate della DC Comics è finalmente iniziato. A inaugurare il nuovo corso del noto cosmo supereroistico sono stati due dei suoi titoli storici più popolari: Justice League e Action Comics, entrambi ripartiti da zero, anzi da uno, e pronti a conquistare il mercato grazie alle firme di autori di sicuro richiamo.
Particolare attesa suscitava proprio il nuovo Action Comics, testata che aveva debuttato nel lontano 1938 presentando per la prima volta l'Uomo d'Acciaio di Jerry Siegel e Joe Shuster, personaggio destinato a diventare il supereroe per antonomasia nell'immaginario collettivo delle generazioni successive. Questo Action Comics del nuovo millennio, la cui uscita precede di poco l'esordio della nuova serie dedicata a Superman, racconterà avventure che si collocano temporalmente qualche anno prima degli eventi narrati sulle altre testate, e si propone di ridefinire (ancora una volta) l'icona dell'ultimo figlio di Krypton e di tutti i suoi comprimari. 


Nei mesi trascorsi le voci e le immagini si erano avvicendate in rete, anticipando l'esordio di un Superman più giovane, ma sopratutto dal look drasticamente diverso da quello cui eravamo da sempre abituati. Un Superman in t-shirt (ma fregiata con il classico stemma a forma di scudo), a braccia nude, fornito di jeans, di comuni scarpe e di un corto mantello scarlatto. Qualche blogger, scherzosamente, lo aveva già definito un “Superman operaio”, Uomo d'Acciaio dal look proletario, probabilmente con una colazione a base di pane e frittata nascosta in qualche tasca. Altre indiscrezioni riguardavano i poteri dell'eroe, ridimensionati di parecchio rispetto i suoi classici standard. Molti dei dettagli annunciati sono veri, ma non devastanti o risibili quanto le prime indiscrezioni facevano paventare, e questo reboot, per quanto gravato dal sentore di ciclica, e ormai stantia, mossa commerciale, non manca di spunti interessanti che potrebbero in futuro evolversi in racconti di qualità.


Grant Morrison, al timone di questo ennesimo rinascimento, decide di glissare (almeno per adesso) sulla navetta aliena e gli anni di Smalville, per presentare un Superman già in azione, ma le cui abilità, per quanto spettacolari, non sono ancora giunte ai massimi livelli. Assomigliano, piuttosto, alla più antica versione del personaggio di Siegel e Shuster, quando l'Uomo d'Acciaio, velocissimo e agile come nessun altro, non era ancora in grado di volare, ma balzava con bello spregio della gravità da un palazzo all'altro atterrando comodamente in piedi. Una citazione delle origini editoriali dell'eroe (e della testata che per prima le presentò) che probabilmente evolverà, capitolo dopo capitolo, verso le caratteristiche ormai iconiche del personaggio e il suo look definitivo (?), che dovrebbe dire addio agli storici slip rossi indossati sopra la calzamaglia (dettaglio grafico dovuto ai pruriginosi canoni censori degli anni trenta e che tanta ironia avrebbe suscitato nei decenni successivi).


Ma la vera novità introdotta da Morrison, e che rappresenta il principale motivo di interesse di un reboot non proprio indispensabile, è il rapporto dell'eroe con la sua città. Metropolis, in poche pagine, sembra descritta come una moderna roccaforte del capitalismo e delle disparità sociali, riassunte in veloci scorci e brevi, didascaliche battute. Il misterioso essere dotato di superpoteri che una giornalista rampante ha già battezzato “Superman”, più che sventare rapine in banca sembra interessato a rompere le uova nel paniere agli squali corrotti dell'alta finanza, estorcendo confessioni e seminando il timore di una giustizia trascendente. Non a caso, la polizia di Metropolis da la caccia all'inafferrabile vigilante, e non esita a sparargli contro, mentre qualche elemento degli strati sociali più umili inizia a provare empatia nei suoi confronti. Lex Luthor, in un'apparizione breve ma incisiva come consulente dell'esercito e del generale Lane, riassume in modo efficace le linee guida di quello che sarà il suo eterno conflitto con l'Uomo d'Acciaio. C'è posto per un solo superuomo sulla terra: quello elaborato da Nietzsche. Un essere umano in grado di ergersi al di sopra della comune etica, e raggiungere le vette del proprio potenziale senza l'ingerenza di elementi alieni, visti da Luthor come germi o elementi inquinanti da eliminare, se non come l'avanscoperta di una colonizzazione culturale che priverebbe l'essere umano della propria, naturale grandezza.


Un Superman, quindi, visto non più come supremo boy scout, ma come una sorta di Robin Hood postmoderno, in fuga dalla legge e in cerca di un'identità eroica dalle caratteristiche meno scontate del solito. Pur nella brevità del comic book, i semi per un reale rinnovamento del personaggio sembrano essere presenti. Promesse più che fatti, per adesso, ma comunque appetibili. Varianti che sembrano concentrarsi sulla sostanza dei personaggi e delle loro motivazioni più che su banali evoluzioni grafiche. Il che, considerata sopratutto la presenza di un autore di razza come Grant Morrison, fa ben sperare.
Interessante anche il modo in cui si è scelto di definire le due identità del protagonista, complici i disegni dinamici ed espressivi di Rags Morales. Un Clark Kent trasandato e dalle lenti spesse. Simile a un brutto anatroccolo, ma risoluto nei suoi impegni di giornalista e molto simile, nell'incedere, al Peter Parker degli anni d’oro. Da un altro lato, vediamo un Superman affabile, ma avvolto da un'aura decisamente extraterrestre, i cui occhi sono quasi sempre illuminati da bagliori rossi o bluastri. Effetto che altera la percezione dei suoi lineamenti mentre è in azione e rende quasi accettabile il suo controverso cambio di identità senza l'uso di una maschera, tanto appare diverso una volta trasformato in Clark. 


Il nuovo Superman di Grant Morrison si presenta al suo pubblico come un cane sciolto, la cui destinazione finale non è facile da prevedere. Il look definito “proletario” non è dunque casuale, ma è espressione formale delle nuove caratteristiche da amico del popolo e avversario del potere costituito che l'autore scozzese sembra voler infondere all'eroe. Anche la fisicità del personaggio è mutata. Il Superman di Morrison corre spavaldo in mezzo a una tempesta di pallottole, ma può essere ferito da urti particolarmente violenti. Sanguina, esibisce lividi, grugnisce e forse bestemmia, persino. Almeno così ha ritenuto di capire il religioso titolare di una fumetteria statunitense, che all'uscita di questo primo numero di Action Comics ha annunciato una campagna di boicottaggio nei confronti della testata in cui un eroe così popolare pronunciava un blasfemo “Goddamn!”. In realtà, nella tavola incriminata, Superman sussurra solo un indecifrabile “GD”. Suono gutturale forse aperto a molte interpretazioni, ma assolutamente privo di intenti offensivi, come lo stesso Grant Morrison si è affrettato ad affermare pubblicamente.

Superman, insomma, nelle mani di Grant Morrison ha trovato ancora il modo di far parlare di sé, e di non passare inosservato nonostante le riletture delle sue linee guida ormai non si contino più. Certo, un albo è ancora poco per valutare l'intera operazione, ma l'antipasto si è rivelato intrigante, e solo il tempo potrà dirci se questo mito moderno sta davvero veleggiando verso un nuovo orizzonte o se il gusto più attraente era solo quello infilzato sul freddo ferro dell'amo.

Questa recensione è stata pubblicata anche su Fantasymagazine.


[Articolo di Filippo Messina]

lunedì 2 maggio 2011

Kid Eternity di Grant Morrison


Quando c’è da addentrarsi nei meandri della mente, Grant Morrison è una garanzia. Non è un caso che le sue opere migliori siano proprio quelle di impostazione psicologica e surreale fin dal loro concepimento, mentre qualche volta questa sua tendenza al surrealismo è risultata una forzatura in opere di personaggi che avevano già conosciuto in precedenza, e mantenuto per molto tempo, un’impostazione più classica. Non è certo questo il caso di Kid Eternity, una graphic novel che riprende un personaggio Vertigo di cui da tempo si erano perse le tracce, inserendolo in un contesto decisamente fuori dagli schemi consueti del fumetto. Inoltre, la storia autoconclusiva è forse il tipo di prodotto con cui Morrison si trova più a suo agio, avendo un limite definito e una trama scritta da principio a fine in cui poter miscelare gli elementi narrativi che in quel momento gli preme trasmettere. Prova ne sia che, quando ha avuto per le mani serie di più ampio respiro, ha sempre costruito degli archi narrativi indipendenti e sganciati dal filone principale, incontrando da un lato il favore di quanti apprezzano le opere che mostrano una certa indipendenza e innovazione, ma dall’altro suscitando le ire di quanti non ammettevano che i loro eroi preferiti venissero estrapolati dal contesto in cui avevano vissuto per tanti anni di storie e catapultati in un mondo narrativo che non riconoscevano come confacente a quei personaggi. È proprio quello che è successo con gli X-Men, nel suo breve periodo di collaborazione con la Marvel, ma anche con Animal Man e la Doom Patrol, in casa DC. Kid Eternity si inserisce a pieno titolo nel numero delle graphic novel morrisoniane, per le sue caratteristiche sia narrative che grafiche. Non è un caso, infatti, che le sue opere migliori siano disegnate da autori che concepiscono il fumetto come un’opera d’arte vera e propria, al punto che ogni singola tavola, presa separatamente, non avrebbe nulla da invidiare alle opere pittoriche esposte nei più prestigiosi musei surrealisti. È stato così per Arkham Asylum, con i disegni di Dave McKean, e si ripete adesso con Kid Eternity, dove uno straordinario Duncan Fegredo ci regala, una dopo l’altra, tavole di una intensità tale da costringerci a riguardarle tutte dopo aver finito la prima lettura.


Jerry è un cabarettista che cerca di trovare la sua strada verso il successo, e per questo ha una certa familiarità con le idee di finzione e surrealtà. Ma la sua conoscenza della dimensione ultraterrena sta per diventare ben più approfondita di quanto lui stesso vorrebbe. Tutto accade una notte in cui viene coinvolto in uno strano incidente automobilistico e finisce in rianimazione in gravissime condizioni. In queste circostanze, la sua coscienza travalica il limite della realtà e finisce in una dimensione ultraterrena in cui incontra uno strano ragazzo, Kid, evanescente come un fantasma, che lo porta con sé dicendogli che ha una missione fondamentale da compiere per la salvezza dell’universo e che Jerry avrà un ruolo indispensabile in questo compito. Inizia così il viaggio dei due attraverso il mondo infernale, dove Kid è stato tenuto prigioniero per anni e dove, quando è scappato, ha dovuto abbandonare il suo maestro. In un complicatissimo intreccio di vite e situazioni, i due si confronteranno con una terribile minaccia per l’intera esistenza, quando ordine e caos si contenderanno le sorti del mondo, mondo in cui dovranno trovare posto due novelli Adamo ed Eva, investiti del compito di dare alla luce il bambino prescelto, da cui sorgerà una nuova stirpe.


Scritto e disegnato da due maestri del surreale, Kid Eternity dà una iniziale sensazione di straniamento, facendo perdere al lettore, insieme al personaggio, i punti di riferimento della realtà che lo circonda, preparandolo per gli eventi che seguiranno, in modo che non possa opporsi al dilagare di pensieri e concetti astratti che, pagina dopo pagina, si riverseranno nella sua mente, in un caleidoscopio di immagini e parole da cui difficilmente può riuscire a staccarsi prima che sia arrivata l’ultima pagina. E quando avremo finito, rimarrà un palcoscenico in penombra, vuoto, e l’eco di una domanda, che aleggia nell’aria: siamo stati all’inferno, o in paradiso?



[Articolo di Filippo Longo]

Questa recensione è stata pubblicata anche su Cose Preziose