sabato 7 gennaio 2017

Cat Eyed Boy di Kazuo (Umezz) Umezu



Se ci sono autori che fanno scuola, Kazuo (UMEZZ) Umezu è sicuramente tra questi. Patriarca dell'orrore nipponico e pioniere del perturbante a fumetti nelle sue successive declinazioni, è rimasto a lungo inedito nel nostro paese. Quel vuoto oggi è colmato dalle edizioni Latitudine 42 con Cat Eyed Boy (Nekome Kozo) con quattro volumi che raccolgono la saga del ragazzo per metà demone felino. Ma all'orizzonte c'è dell'altro. Il 2017, per l'Italia, potrebbe essere l'anno della rivincita di Umezu, visto che la Hikari ha già annunciato un'altra sua importante opera: Aula alla deriva. Yokai maligni, body horror, ansia e perturbante. Un manga che conserva ancora oggi più di un motivo di interesse.

giovedì 5 gennaio 2017

Vedute: Jason Pearson


Quello di Jason Pearson, tra i disegnatori “non canonici” (ammesso che dire così oggi abbia ancora senso) attivi nell'ambito supereroistico, è uno degli stili che amo di più. Per chi è cresciuto conoscendo e adorando le anatomie spettrali di Steve Ditko su l'Uomo Ragno delle origini, in seguito canonizzato dal più regolare e realistico John Romita Sr., il disegno di Pearson ha un sapore che mixa la nostalgia con la voglia di trasgredire. Un tratto quasi umoristico, ma virato di oscurità ed epicità. In grado di presentare nella medesima tavola personaggi dai lineamenti essenziali e pose di grande impatto visivo. Un piglio grottesco e nello stesso tempo eroico. A volte ai limiti del parodistico, ma senza mai sconfinare nella vera e propria caricatura. Personalmente, adoro il suo Wolverine tracagnotto, quasi goffo ma inquietante e bestiale come non mai. Basta osservarlo per avere la sensazione di ascoltarne il ringhio. Così come ho adorato la sua Tempesta, algida e minimalista (ma proprio per questo efficacissima) del suo primo Annual degli X-Men. I volti spesso deformati in smorfie esagerate che rievocano quasi antiche pose da cinema espressionista. 

Una Emma Frost altezzosa e ironica come una diva del muto. Un Wolverine posseduto dalla Covata (anche se è solo una simulazione) che sostanzialmente mostra il volto estremo della ferocia che già porta in sé. Un Ciclope quadrato, leader tutto d'un pezzo. E' un po' come se la matita di Pearson grattasse via dagli eroi in tuta la patinatura eroica, e mostrasse anche il senso del buffo, del sardonico, che può trasparire dalle loro imprese sopra le righe. Un rompere la buccia supereroistica per affondare i denti nella polpa. Un gusto forse non per tutti, ma sicuramente forte.








mercoledì 4 gennaio 2017

domenica 1 gennaio 2017

Buon 2017 con Grizzly


Buon anno con un video di Grizzly. E un augurio (a lui, a me, a tutti) che il suo canale con il nuovo anno cresca in popolarità. Che il tubo scopra finalmente il garbo, la capacità narrativa, la simpatia e la vera creatività di uno degli youtuber italiani più estrosi, più preparati e... più sottovalutati. Tra diari di viaggio (i video in auto) e Vita da tecnico (le bizzarrie in un centro assistenza informatico) e molto altro, il canale di Grizzly è un'oasi che merita di espandersi. Vederlo crescere sarebbe una luce di speranza in un tubo distratto e superficiale. Speranza che il trend una buona volta cambi, e che il merito, la costanza, l'umanità di chi si impegna per arricchirlo, possa finalmente emergere. Quindi visitatelo. Fategli gli auguri. Iscrivetevi. Supportatelo. Un Grizzly per il primo dell'anno è davvero un bel regalo.

sabato 31 dicembre 2016

Buon 2017... da un Altroquando


In un primo momento, avevo scartato questa immagine, tra quelle fumettistiche a tema "anno nuovo" cercate in questo 2016, perché velata di un'amarezza che poteva risultare fuori luogo. Ma ci ho ripensato. Quanti non si sentono al loro meglio in queste ore? Per quanti un augurio di buon anno può suonare irritante se non inopportuno? E' legittimo, in fondo. E l'augurio migliore che si può fare è quello di ritrovarsi, tra un anno, per dire: siamo ancora qui. Resistiamo. Una montagna alla volta. Semplicemente per guardarsi negli occhi, e dirsi a vicenda che non si è soli. 
Lo so. Sembra poco.
Ma magari per qualcuno non lo è.
Speriamo di essere ancora qui, tra un anno... e di avere ancora la forza e la voglia di dirci: facciamo un altro giro di giostra.

Buon Anno con il video Youtube Entertainment Rewind 2016


Buon anno, con il video corale del gruppo Facebook Youtube Entertainment, con il quale è sempre un piacere collaborare. Un gruppo che raduna youtuber piccoli, medi e grandi, ma soprattutto (è il caso di dirlo) si distingue da molti altri per il garbo, la cooperazione e il senso di comunità che riesce a trasmettere anche a un trombone come me. Ragazzi, è il secondo anno che sono in mezzo a voi per gli auguri di buone feste, ed è sempre un onore. Ci sarà sempre un Altroquando. Buon anno a tutti.

mercoledì 28 dicembre 2016

Quando una principessa è splendente: in memoria di Carrie Fisher


"Sulla mia lapide leggerete solo due parole: A presto!" LEO ORTOLANI Lasciando da parte tutte le inutili chiacchiere sul 2016, anno assassino, e glissando sul determinismo (biologico in parte, in parte legato agli eccessi dilaganti nel mondo dello spettacolo) che questo è sembrato applicare, vorrei ricordare brevemente Carrie Fisher con un aneddoto inelegante. Ma che per me è legato alla percezione di quello che è stato il suo personaggio più celebre (potremmo dire quasi l'unico) sullo schermo. Naturalmente la principessa Leila (o Leia, nell'originale) di Guerre Stellari (che oggi, anche in Italia, sempre più anglofonizzati, tutti chiamiamo Star Wars). Ricordo il senso di straniamento che il suo personaggio suscitava. Il fantasy travestito da fantascienza (anche questa espressione è oggi in voga, ma all'epoca era molto meno scontata) presentava a noi giovanissimi spettatori una protagonista femminile abbastanza fuori dai canoni. Carrie Fisher (all'epoca in pochi sapevano che fosse figlia dell'attrice ballerina Debbie Reynolds, partner di Gene Kelly in "Cantando sotto la pioggia", o almeno non lo sapevo io) non era una bellezza convenzionale. Risultava meno affascinante di sua madre (eravamo una generazione che era cresciuta con il cinema della vecchia hollywood in prima serata televisiva), dai lineamenti più marcati e irregolari. Insomma, era una ragazza praticamente normale, non un volto da modella. Un viso tondo, da bambola, ulteriormente evidenziato dalla sua iconica acconciatura. E poi c'era quel carattere e quel modo di apparire. Vestita di bianco come una creatura angelica, indifesa, ma che si rivelava tostissima e capace anche di battute sarcastiche. Le mie due preferite? «Siete arrivati con quella? Avete più coraggio di quel che credessi!» «Il tuo braccio non è sufficiente a farmi eccitare.»

Insomma, per il tempo in cui uscì il primo Guerre Stellari (ma anche i successivi) Carrie non era un volto cinematografico canonico. Non propriamente. Il suo essere "principessa della porta accanto", però, rappresentava un valore aggiunto. Non credo che Leila avrebbe potuto essere Leila se al posto di Carrie Fisher ci fosse stata una diva dal sex appeal indiscutibile, come Jessica Lange, Carole Bouquet o la presto dimenticata Lois Chiles, che esordivano in quegli anni. Ricordo anche il primo passaggio televisivo di Guerre Stellari. La famiglia riunita intorno alla tavola per la cena. E il commento impietoso, in dialetto siciliano di mio padre, riferito a Leila. «Picchì a ficiru accussì laria a sta principessa?!» Si direbbe che, per un maschio alfa eterosessuale maturo e non cinefilo, Carrie Fisher era BRUTTA.

Le cose non erano molto cambiate qualche anno dopo, quando si era giunti al Ritorno dello Jedi e quindi alla fine della trilogia classica. Io ero ormai grandetto, la mia percezione era andata mutando. E già cominciavo a non identificare il fascino con la prima impressione che può regalare una generica armonia delle forme, ma con tutto un insieme di elementi, spesso influenzati dalla personalità dell'interprete (o dell'essere umano, fuori dal mondo dello spettacolo). La famosa scena di Leila in catene ai piedi di Jabba acquistava carica erotica non perché stavolta mostrasse più pelle nuda, ma per la grinta e la carica aggressiva che il personaggio tirava fuori. Nonostante questo, ai tempi, quando mi capitò di parlare di Carrie Fisher con un'amica (sì, una donna) mi capitò di sentirmi arrivare in faccia il commento: «La Fisher è orribile!» Ci rimasi un po' male, anche perché in verità stavo per dire che negli anni, a mio parere, maturando era molto migliorata. Dunque anche le donne (o almeno una parte di donne) potevano percepirla come qualcosa di fuori posto. Addirittura al punto di esagerare notevolmente il giudizio sul suo aspetto fisico. Non potei fare a meno di notarlo e non posso fare a meno, oggi, di ricordarlo. Paradossalmente, sebbene per me non sia mai stata un simbolo erotico, oggi mi trovo a pensare a Carrie Fisher come un esempio di felice contrasto agli stereotipi di un genere. Una variazione coraggiosa per la sua epoca, che avrebbe potuto facilmente affidare il suo ruolo a una classica sexy donna. La principessa Leila mostrava una bellezza fatta di impavidità, di ironia, di ribellione al maschio, senza essere ancora una delle virago che avrebbero impazzato nei decenni successivi, raggiungendo una delle sue punte più celebri con un'altra principessa guerriera, la Xena di Lucy Lawless (in realtà anche lei dotata di un fascino poco convenzionale, dovuto alla simpatia più che all'armonia dei lineamenti). Una bellezza che andava scoperta poco per volta, episodio dopo episodio, a mano a mano che il suo personaggio emergeva e si definiva. Un motivo in più, per me, di omaggiare un'icona della mia adolescenza. Una principessa che non mostrava la sua bellezza, ma se la prendeva con la forza, conquistandola con le sue avventure e il suo carattere. E alla fine era comunque bellissima... giusto perché non aveva bisogno di essere bella. Era già la principessa Leila.

[I disegni nel post sono di Sudario Brando (1) e Gianluca Manna (2)]