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lunedì 21 gennaio 2013

AltroQuando: un fiore per il Palermo Pride 2013



Sia chiaro una volta per tutte: non siamo malati.

Questa affermazione iniziale, aggressiva e per qualcuno (non tutti, temiamo) forse datata, ha una sua ragion d'essere che sarà presto chiara. Parliamo del Pride, anzi, del Palermo Pride LGBT, che dal 2010 la nostra città, amata e ferita, ospita con un successo che fino a pochi anni fa quasi nessuno osava sperare. Lo sforzo concentrato di più associazioni lgbt, pur con qualche fisiologica incertezza, è riuscito a produrre un piccolo miracolo catartico. Se Palermo oggi è un po' cresciuta oltre l'orizzonte del suo provincialismo cronico è anche grazie all'impegno di tutti questi uomini e donne, capaci di sfidare la secolare immobilità cittadina e persino i propri limiti. Perché il Pride è una festa per tutti e nello stesso tempo una marcia per dei diritti fondamentali. Occasione per ricordare la resistenza alle arbitrarie persecuzioni della polizia da parte degli avventori del club gay americano Stonewall nell'ormai lontano 1969, e continuare - oggi più che mai - a reclamare un'uguaglianza sociale tuttora inesistente nel nostro paese. Il Pride è uno strumento di lotta politica in quanto evento popolare, fatto per coinvolgere, nel tempo, i cuori prima ancora delle menti con la sua componente gioiosa, contribuendo a plasmare una cultura delle differenze e quindi della crescita culturale e civile. Un evento che in questo 2013 avrà la qualifica di nazionale e rappresenterà un'ennesima tappa per il movimento lgbt siciliano.


Detto questo, è il momento di spendere qualche parola sul ruolo di AltroQuando nelle vicende legate al Pride, e spiegare in sintesi le ragioni del nostro parziale allontanamento. Una dissidenza che, sia ben chiaro, riguarda solo alcuni aspetti formali e certi atteggiamenti circoscritti, non la sostanza della manifestazione e tanto meno le sue finalità profonde. Pertanto, AltroQuando appoggerà oggi come ieri il Palermo Pride, e contribuirà come può alla sua promozione. Solo, lo farà a modo proprio, con un approccio personale.

Perché?

Perché i simboli per noi sono importanti e vanno considerati con cura. Fare attivismo politico sottovalutando (o gestendo con superficialità) la componente mediatica, è a nostro avviso un errore serio che nei lunghi tempi potrebbe presentare il conto. Ed è proprio in questo che troviamo un retrogusto amaro nella bella avventura che il Pride lgbt di Palermo ha iniziato tre anni fa. Un evento politico pienamente riuscito, ma bacato da un dettaglio che, per quanto all'apparenza insignificante, è per noi campanello d'allarme di una debolezza formale che non riusciamo proprio a digerire.

Ci disturba il fatto che di tutto l'atlante degli asterischi sia stato scelto proprio quello. Quello che per tre anni ha spopolato su striscioni, spille, sulla pelle dipinta dei partecipanti in festa. Ignari o indifferenti del suo significato basico. Sì, giacché è la Storia (quella con la maiuscola) a fare della croce uncinata l'orrido ricordo di un'immensa tragedia, e non certo il simbolo buddista che oggi, in occidente, sono pochissimi a ricordare. Parliamo di quell'asterisco, oggi color fuxia, quello che già dagli anni sessanta è stato adottato per essere la Star of Life, simbolo internazionale dei paramedici presente su ogni ambulanza del pianeta, in ogni ambulatorio, sul camice di ogni infermiere, di ogni ausiliario addetto al trasporto delle salme, spesso anche nelle insegne delle farmacie. Colorato di rosa negli Stati Uniti come marchio dell'impegno femminile nelle forze paramediche, con sfondo rainbow dagli infermieri gay durante i Pride americani, ma sempre e comunque riferito al mondo degli operatori sanitari, di cui rappresenta il simbolo per antonomasia ormai da decenni.


Nel 2010, mentre il primo, fortunato Pride palermitano prendeva forma, ci accorgemmo dell'ambiguità inopportuna del simbolo che stava venendo acclamato e consultammo a nostra volta un grafico professionista (la cui schietta opinione sul logo scelto terremo per noi, per non scatenare inutili risse). Chiedemmo più volte che la silhouette dell'asterisco fosse modificata, in modo che si allontanasse dal suo omologo blu sui mezzi di soccorso pubblico, ma evidentemente... non riuscimmo a essere abbastanza persuasivi.

La questione non si esaurisce semplicemente qui. Innanzitutto perché un simbolo dovrebbe unire,  non dividere in base alle emozioni che suscita, ma anche per via dell'approccio dialettico al problema. D'accordo, eravamo... siamo una minoranza. Ma la verità non può essere ridotta a una mera questione di gradimento. Non è che quel logo non ci piaccia. In realtà, ci offende, in quanto troppo vicino per forma e rimandi concettuali (è da sempre identificato con la sintesi grafica del caduceo: il bastone di Ermes con i serpenti attorcigliati, vessillo della scienza farmaceutica) a temi inerenti la salute che stridono ideologicamente con le lotte per i diritti lgbt.
Ma come? ci siamo detti. Abbiamo trascorso decenni a gridare che non siamo malati... e per il Pride di Palermo, la prima volta che la nostra città ospita la manifestazione, si sceglie proprio un simbolo con echi storici e culturali così dissonanti? Né ci consola (anzi, ci irrita) sentirci rispondere che tanto nessuno sembra farci caso. Per la nostra mentalità, chi si propone di fare politica e si avvede che il proprio uditorio ha un immaginario collettivo così fragile, dovrebbe prendersi il disturbo di svegliarlo, non mettersi comodo sulla generale distrazione. Ci spiace doverlo dire, ma questo atteggiamento ci ricorda più una strategia di marketing volta a vendere un prodotto che una campagna mirata alla maturazione sociale della propria gente. 

La storia della grafica è zeppa di simboli nati con un significato e divenuti strada facendo tutt'altro. Ed è in base alla storia se la croce runica, eletta a simbolo delle SS naziste, oggi non può che evocare ricordi sinistri. Se la croce celtica è oggi indiscutibilmente uno dei vessilli della destra estrema, si dovrebbe riflettere prima di riutilizzarla per scopi differenti. Ci sono impronte storiche indelebili, che nessuna dissertazione può lavare via. Esistono, inoltre, simboli assai generici e del tutto innocui. Come, ad esempio, lo stemma sul petto di Superman, che privato della S si rivela un comunissimo scudo araldico, non dissimile da quello di molte famiglie nobiliari anche italiane, e persino dal vecchio logo della Democrazia Cristiana. Tuttavia, nessun simbolo araldico – neppure quello dei Savoia – è mai stato accostato a medici e malati. Questo è toccato in sorte a omosessuali, lesbiche e transessuali per molto, troppo tempo. E così è per  l'asterisco squadrato e a sei punte scelto dall'assemblea che ha dato vita al primo Palermo Pride. Non un piccolo segno di interpunzione, arrotondato dal canonico corpo tipografico, ma un logo associato alla sanità a livello internazionale e visibile con cadenza quotidiana nei luoghi e momenti meno felici della vita. E' vero che la maggior parte delle persone non hanno realizzato subito questa (per noi) sciagurata sovrapposizione. Ma è vero anche che ci sarà sempre, in mezzo alla folla del Pride, qualcuno che ha da poco lasciato un ospedale, messo un infermo su un'ambulanza, visto trasportare la salma di un congiunto da barellieri con quel logo sulla divisa.  Sempre. E' inevitabile. E tale difetto di sensibilità (e di attenzione) è a nostro parere una mancanza non da poco.


Vedendo nel logo ciò che realmente è, noi di AltroQuando abbiamo sofferto per non poter essere più presenti nella promozione dell'evento negli anni trascorsi. Scusateci, ma a noi l'idea di mettere addosso la spilla con la paramedic cross ricolorata, dà i brividi. Lo troviamo macabro e decisamente inopportuno se accostato con le tematiche lgbt. Uno scivolone semantico che si sarebbe potuto evitare, soprattutto quando (come sembra) si vuol fare del logo una costante negli anni per il Pride cittadino. Non ce la sentiamo di esporre materiale promozionale con quel marchio, che oltretutto se girato assume la sagoma crudele di una croce di Sant'Andrea. Qualcuno ci ha detto che ormai è impossibile tornare indietro. Sarà, ma si può ancora andare avanti, e raddrizzare il tiro.
Crediamo profondamente nel significato dei simboli. Pensiamo che la gente vada avvertita, non abbandonata nella propria distrazione. E a dispetto di tutto, vogliamo, oggi più che mai, essere parte di questa festa, di questa lotta, di questo Pride...


Per questo, in attesa del Palermo Pride Nazionale 2013, AltroQuando ha deciso di promuovere la manifestazione a modo proprio, utilizzando materiale alternativo (non usiamo più la parola dissidente, per favore) ed elaborando un asterisco che -  pur richiamando per colore e angoli il logo degli anni passati - possa essere un simbolo pacifico e distante da temi imbarazzanti: un fiore.
Nel corso del 2013, quindi, useremo i nostri strumenti di lavoro (i fumetti) e il nostro asterisco-fiore (anch'esso scelto nell'affollato atlante degli asterischi) per spingere e divulgare le attività preparatorie per il Palermo Pride Nazionale e la manifestazione finale. A modo nostro, senza sentirci costretti a ricordare momenti dolorosi, malattie e accostamenti offensivi. Non ci aspettiamo nulla, se non l'indifferenza che ci ha circondato sin dall'inizio. Eppure saremo qui, a parlare del Pride, a contribuire idealmente alla manifestazione e a incoraggiare tutti e tutte a parteciparvi. Nel nostro piccolo, nel nostro “non professionismo”, con i nostri brutti caratteri che ci fanno, secondo alcuni, tenere il broncio come bambini... Noi ci saremo, come ci siamo sempre stati.
Il Pride, tra le altre cose, è una festa delle differenze. Differenze senza le quali l'umanità non avrebbe potuto evolversi, perché spesso sono le mosche bianche che si azzardano a volare più lontano. Andremo avanti, fieri del nostro essere diversi, fieri di partecipare a un evento come il Pride. Fieri di offrire un fiore a chiunque vorrà accettarlo.






lunedì 25 febbraio 2013

AltroQuando: un segnalibro per il Palermo Pride LGBT 2013


Mancano pochi mesi al Pride LGBT Nazionale. Quattro per la precisione, ma le cose da fare sono tante, perché la festa si prospetta partecipata e di conseguenza laboriosa.
Noi di AltroQuando portiamo avanti la nostra promozione personalizzata del Palermo Pride LGBT 2013 con la produzione di un nuovo segnalibro, il numero 11 della collana Altre Brecce, sempre curato dal bravo Riccardo Rizzo. Stavolta – giustamente – il nome della nostra fumetteria lascia spazio alle date del Palermo Pride 2013 e all'asterisco alternativo, affidando la parte del leone al personaggio DC di Batwoman (che recentemente, nei fumetti, ha chiesto alla sua amata di sposarla) e a un'elegante (e romantico) bacio tra donne. Nei fumetti, i matrimoni omosessuali sono già una realtà quotidiana. Altro segnale che la cultura popolare è un passo avanti rispetto alle istituzioni.

Rammentiamo che la nostra campagna è personalizzata in polemica (pacifica) con l'aspetto mediatico che da tre anni avvolge il Pride cittadino. Un logo (l'asterisco) che tre anni fa è stato scelto con eccessiva fretta, ed è di fatto un simbolo consumato con contenuti tetri e per nulla pertinenti. Ma è soprattutto il sintomo di un modo di operare che – a nostro parere – si è arenato in un meccanismo superficiale, che guarda troppo all'aspetto consumistico risultando poco formativo sul piano politico. Nelle ultime settimane della nostra campagna promozionale “alternativa”, ci siamo sentiti dire di tutto. Non ultima l'affermazione, da parte di qualcuno, che se il logo del Palermo Pride è così simile alla Star of Life dei paramedici è... «perché noi omosessuali dobbiamo curare la società dai suoi mali e dalle sue disparità.» e che saremmo noi a offendere la gente lgbt, giacché la Star of Life «è simbolo di chi cura non dei malati».
Insomma, se mai abbiamo avuto qualche dubbio sulla necessità di rendere pubblico il nostro dissenso sulla forma del Palermo Pride, oggi argomenti deliranti come quello suddetto li hanno completamente spazzati via. Siamo più che mai convinti che quel logo (semioticamente associato al concetto di medicina e soccorso) abbia un effetto diseducativo sui più giovani e su quanti non dispongono di strumenti culturali sufficientemente forti. Avendo partecipato in prima persona alle assemblee da cui è scaturito il primo Palermo Pride con il suo simbolo, sappiamo bene che le motivazioni dietro questa scelta non hanno nulla a che vedere con simili farragini, ma sono state piuttosto dettata dalla fretta e da una scarsa oculatezza.

Ma non è tutto qui.

Il logo (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai frangenti più spiacevoli della vita) è soltanto un campanello d'allarme.
La nostra scelta di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla volontà di essere presenti con una “controfigura” che possa aprire un nuovo dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo nascondere che il Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli ultimi anni) ha una struttura mediatica che non ci persuade. E' l'unico Pride in tutto il mondo ad avere (e a conservare in modo pertinace) un logo (peraltro semanticamente sbagliato) sempre uguale e immutabile, laddove tutte le altre città ne producono uno nuovo ogni anno.
Nato (lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew. Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend. Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.


Beh, per noi il Pride non è questo. Pride è differenze. Pride è mutazione. Pride è crescita. E ci amareggia l'assordante silenzio al riguardo. Perché sì, partecipiamo con un logo alternativo, ma non stiamo insultando nessuno. Qualunque cosa facciamo, stiamo lavorando pur sempre per il Pride, per la sua promozione, per la sua buona riuscita. Invece, a guardarsi intorno, si direbbe che per taluni omologarsi conti di più. E che quello che stiamo preparando... non è il Palermo Pride se... non ha il bollino blu, come recitava la pubblicità della banana Chiquita qualche anno fa.

Tutto questo ci fa ulteriormente riflettere. Non rispondiamo neppure più a quanti ci dicono che ci facciamo inutili paranoie. Se abbiamo fatto un passo indietro è perché abbiamo visto cambiare il clima organizzativo, e oggi scegliamo di appoggiare questa grande manifestazione a modo nostro, con la nostra piccola differenza. Pensiamo che la politica abbia molti aspetti, e che uno di questi sia il linguaggio con cui si sceglie di comunicare con le masse. Un linguaggio che va meditato, approfondito, raddrizzato strada facendo se necessario. Se ne facciamo un brand immutabile e conformista... Se ci sentiamo rispondere che... è impossibile tornare indietro... Beh, dev'esserci qualcosa che non va. E noi, sciocchi, paranoici... rompiscatole... quello che volete, ve lo facciamo notare offrendovi un fiore color fucsia. Appena diverso. Soltanto un pochino.
Nella speranza che il Palermo Pride cresca ancora, si affranchi dai lacci che rischiano di trasformarlo in qualcosa che assomiglia più a un evento commerciale che politico, e possa spiccare il volo, diventando realmente inclusivo, vario e vivo.

venerdì 19 giugno 2015

Verso il Palermo Pride 2015



Ci siamo anche quest'anno. L'onda Pride, l'Human Pride, come quest'anno sta venendo lanciato, torna ancora una volta nella nostra città. Palermo, una città per molti versi irredimibile. Una città che vuole cambiare. Una città che non vuole saperne di cambiare nella stessa identica misura in cui sogna il cambiamento. Una città che sta cambiando (in meglio, in peggio?) a prescindere dalle sue intenzioni e dai suoi progetti. Ogni anno le medesime polemiche, stavolta incrudelite dall'aberrante mistificazione progandistica sulla teoria gender. Le solite nenie anche da parte dei gay incravattati contro la "fottuta carnevalata" (come se il Pride non fosse anche un'espressione festiva, né più né meno del vero e proprio carnevale, della festa patronale del Festino e dell'acquisito, commercialmente imposto Halloween, ma senza le medesime motivazioni politiche e storiche). Di transessuali e drag queen, che "danneggerebbero" la causa con i loro lustrini, dimenticando che il movimento per i diritti LGBT è nato proprio dalla resistenza di questi soggetti e non dagli omosessuali più omologati e nascosti. Del resto... come scrive Zerocalcare nella sua "Città del decoro", in un contesto differente, ma universalmente graffiante: «...ce ne sono di bravi, che se ne stanno nascosti nelle fogne, come le Tartarughe Ninja. Non come questi, che si fanno vedere...»
E ci risiamo. Ci risiamo con le manifestazioni, con le rivendicazioni, con le polemiche.


L'importante è esserci. Farsi sentire.
Detto questo. Ormai è un rito. Altroquando c'era sin dal primo, funambolico e riuscitissimo Pride palermitano. Sin dall'inizio ha contestato il logo. Inascoltato. Ogni anno abbiamo riproposto la nostra pacifica polemica, e proposto un logo alternativo, ma sostanzialmente simile: un fiore fucsia. Oggi, in alcuni casi, anche quello ufficiale è stato per certi versi ingentilito, ma non basta ancora. La prematura scomparsa, due anni fa, di Salvatore Rizzuto Adelfio, nostro fondatore, non mette fine alla nostra posizione. Che riproponiamo come ogni anno, ormai uguale, pertinace. Perché non è solo questione di logo. Ma di incapacità di cambiare. Cosa che per un Pride (che appoggiamo comunque) a noi appare un controsenso. Quella Star of Life (simbolo internazionale dei paramedici, sfoggiato in tinta fucsia dalle associazioni paramediche femminili statunitensi) che nessuno (o comunque in pochi) sembrano percepire come qualcosa di esteticamente e contenutisticamente fuori luogo. Per coerenza, in memoria di Salvatore Rizzuto Adelfio e di un argomento sul quale non riuscì a farsi ascoltare, riproponiamo anche quest'anno l'ormai vecchia riflessione. Consapevoli di essere perdenti davanti alla maggioranza. Consapevoli di dover continuare (è il Pride, accidenti!) orgogliosi della nostra differenza.



Il logo del Palermo Pride (praticamente identico a un simbolo internazionale legato ai frangenti più spiacevoli della vita, la Paramedic Cross) è soltanto un campanello d'allarme. La nostra scelta di modificarne la sagoma è stata dettata solo dalla volontà di essere presenti con una “controfigura” che possa aprire un nuovo dialogo per i Pride futuri. Infatti, non possiamo nascondere che il Palermo Pride (bellissima novità cittadina degli ultimi anni) ha una struttura mediatica che non ci persuade. E' l'unico Pride in tutto il mondo ad avere (e a conservare in modo pertinace) un logo (peraltro semanticamente sbagliato) sempre uguale e immutabile, laddove tutte le altre città ne producono uno nuovo ogni anno.

Nato (lo sappiamo bene) con l'intento di essere un Pride fortemente politicizzato e inclusivo, quello di Palermo si è presto lasciato sedurre dalle sirene del facile consenso popolare, e il suo logo è diventato una sorta di brand commerciale, difeso ossessivamente ed esibito da tanti con la stessa passione con cui altrove si sfoggia il logo della Nike. Eppure il Pride LGBT dovrebbe essere la manifestazione-festa anticonformista per eccellenza, mutevole e in continuo sviluppo. Invece ci ostiniamo a sventolare e a dipingere sulle nostre facce, ogni anno, lo stesso identico simbolo. Forse per il bisogno ancestrale di sentirsi parte di un clan, di una crew. Pulsioni che richiamano alla mente il tipico provincialismo del nostro Sud, sempre ansioso di distinguersi, ma - sembrerebbe - non di maturare davvero. Il Pride dovrebbe simboleggiare un valore liberatorio con un milione di facce, e proprio per questo, in quanto politicamente caratterizzato, dovrebbe tendere ad andare controcorrente e non ostinarsi a sguazzare in un ripetitivo trend. Bocciare sul nascere la proposta di organizzare un concorso contest per le scuole d'arte di Palermo, alla ricerca di un nuovo logo da adottare di anno in anno (diventando, nello stesso tempo, presenti presso realtà accademiche dove di norma gli argomenti LGBT non esistono) ha lasciato il posto alla facile sbornia dell'omologazione.


Altroquando di Salvatore Rizzuto Adelfio è ancora qui, e marcerà con il Palermo Pride come già negli anni passati. Con le sue ragioni, i suoi dissensi, la sua collaborazione.
Buon Pride 2015 , e buone riflessioni, a tutti e tutte.


domenica 14 aprile 2024

Artigli verdi per la mia Shuri...

 


La saga veterinaria della mia Shuri non vuole saperne di concludersi.

Sembra ormai sicuro, anche perché non si trova nessun altra spiegazione. La povera micia ha una sorta di allergia stagionale che si manifesta con la primavera causandole pruriti che la inducono a grattarsi fino a generare delle vere piaghe. Si comincia con piccole lesioni autoprodotte, praticamente invisibili, ma che producono un siero trasparente e quindi dei grumi nel pelo. Segue l'eliminazione dei nodi con gli artigli, strappando lembi di tessuto e originando ferite sanguinanti che graffio dopo graffio tendono a non guarire più fino a trasformarsi in ulcere.

Già l'anno scorso, la piccola ha subito un intervento plastico volto a escindere la piaga. Ora si ricomincia. Stesso periodo, stessa musica. Una vera soluzione ancora non si trova.

Le iniezioni di cortisone non avevano sortito nulla. Shuri rifiuta qualunque tipo di farmaco per via orale. Impossibile anche solo provare a curarla mischiando medicine al cibo, che peraltro costano l'ira di dio. Quel poco che ha accettato di mandare giù non ha fatto effetto.

E allora che si fa?

Si può solo tentare di impedirle fisicamente di ferirsi. Il colletto gonfiabile stavolta non è bastato. Non solo la ferita è più bassa sulla schiena, e pertanto la micia arriva comodamente a perpetuarla con gli artigli, ma il collarino le ha causato anche un'irritazione intorno al collo. Pare infatti che in questa stagione la sue epidermide diventi particolarmente delicata.

Insomma, un incubo senza via d'uscita.

Il veterinario, contrarissimo a spuntare gli artigli ai piccoli felini, ha suggerito dunque una bizzarria di cui non conoscevo l'esistenza. Unghie finte per gatti in silicone, di colore vario. Nella confezione ce ne sono persino glitterate. Pare che siano state create per gioco, a scopo "estetico" e siano anche state al centro di dibattiti animalisti. Tuttavia sono in commercio. Praticamente delle guaine in cui incapsulare gli artigli grazie a un adesivo naturale che dovrebbe dissolversi da solo nel giro di circa un mesetto.

La prima prova è stava un fallimento. Shuri, di norma così docile, si è trasformata in Black Panther, e ha tentato di uccidere il suo medico quando ha provato a metterle le "scarpine".

Allora... sedazione. Una cosa leggera, dice il dottore, di appena venti minuti. Le fa l'iniziezione, ma niente. Lei non si addormenta.

Ricordo ancora quando ho dovuto portarla di corsa in clinica veterinaria dopo che aveva ingerito un ciclamino, fiore per lei tossico. Prima di procedere con la lavanda gastrica, in quell'occasione, provarono prima a somministrale un emetico per farla vomitare. Anzi, due emetici. Due tipologie diverse, una più potente dell'altra.

Nulla. Non ha voluto saperne di rimettere e si è dovuti procedere con i metodi più estremi.

Anche stavolta, la micia non rispondeva al farmaco. Anestetizzata, non si addormentava.

Il veterinario era cereo in faccia.
«Ora le faccio un prelievo e vendo il suo sangue alla scienza!»
Testuali parole di chi non aveva mai visto niente di simile.
Shuri non è un gatto normale, è una mutante. Magari si rigenerasse da sola. No, è fragile, ma resiste alle cure.

Allora l'addormentiamo col gas, che stavolta fa effetto. Io propongo di scommettere su due tavoli. Una volta che è addormentata, facciamole indossare un body protettivo, di quelli che gli si mettono addosso dopo gli interventi chirurgici per non fargli toccare le ferite. Io ho passato la notte a cucire sul dorso del cappottino, fatto di tessuto leggerissimo, una tasca di jeans in modo da rinforzarlo e impedirle di lacerarlo subito con gli artigli. Il veterinario acconsente e le fa il servizio completo. Vestitino e unghiette finte. Colorate, ma glitterate no, per favore, chiedo io. Quelle magari un'altra volta, quando la porterò con me al Pride. Ok, facciamo verde speranza, pregando San Francesco d'Assisi o chi per lui che almeno una delle cose funzioni.

Shuri esce dall'ambulatorio con indosso il piagiamino rinforzato e le unghie delle zampe posteriori calzate di silicone. Il veterinario mi avvisa che non appena si riprenderà potrebbe mettersi a fare come una pazza e provare a togliersi tutto. Sono preparato al peggio.

Un'ora dopo, a casa, la vedo sgusciare fuori dalla tutina con la disinvoltura di un Harry Houdini dei gatti.

Niente, il body ha fallito. Restano le unghiette verdi che dovrebbero durare un po'. Si spera abbastanza affinché la ferita sulla schiena guarisca.

Finora le sta tollerando abbastanza bene. Non si è neanche indispettita più di tanto. Ma chi sa quanto durerà? Io ho esaurito le risorse e non saprei più come aiutarla. Posso solo intrecciare anche le dita dei piedi e pregare che questo periodo passi in fretta. Tenendo presente che il problema si ripresenterà ogni anno.

Comunque... non so chi abbia inventato queste unghie finte per gatti a scopo "estetico", ma era sicuramente un cretino.


Sono orribili.

lunedì 3 dicembre 2012

Lanterne Rainbow: Fumetti contro l'omofobia


Da un bellissimo lavoro grafico creato da SerG (http://www.3dserg.be/) che elenca e qualifica ogni simbolo e colore del Corpo delle Lanterne della DC Comics (la più famosa ovviamente è quella verde), compresa l'emozione cui si lega la loro forza. Noi ci siamo limitati ad aggiungere simbolicamente il color fucsia e l'orgoglio, nell'accezione inglese che comprende anche la sfumatura della "dignità". Il simbolo non poteva essere che l'asterisco "dissidente" adottato da noi di AltroQuando, affinché orgoglio, dignità, tolleranza e lotta per i diritti civili, possano legarsi a un marchio che suggerisce pace, come un fiore. E non ricordare troppo da vicino l'ambiente di medici e malati (con i quali, le persone lgbt non hanno direttamente niente a che fare), prendendo le distanze da un logo la cui silhouette - sia pure con un colore differente - vediamo ogni giorno su tutte le ambulanze, su tutti i camici, e nelle circostanze più tristi delle nostre vite. Non essendo riusciti ad avere peso nella scelta del marchio, e provando un senso di repulsione a tenerci vicino qualcosa che giudichiamo sbagliato (e sintomo di un immaginario collettivo fragile, che l'impegno politico dovrebbe piuttosto contribuire a svegliare), per non restare con le mani in mano, abbiamo scelto un asterisco alternativo (sempre sei punte, sempre color fucsia) che rappresenti e sostenga il Pride secondo la nostra visione personale. Per questo adopereremo il linguaggio dei fumetti e della fantasia che a questi si lega. Contro l'omofobia, e per il Palermo Pride, ma con un simbolo che possa essere gaio e festoso anche per noi. Grazie a chi ci sostiene. Fumetti contro l'omofobia (e per il Palermo Pride), va avanti.