lunedì 17 luglio 2017

Odio i coccodrilli (in morte di George Romero e Martin Landau)

Odio i coccodrilli.
Non i poveri rettili che finché non tentano di mordermi possono restare a sguazzare quanto vogliono. I cosiddetti articoli "in mortem", pubblicati (prima solo sui giornali, oggi in abbondanza sui social) delle celebrità. Li odio perché presuppongono la fine di una vita. A volte di qualcuno che ha lasciato cose belle da ricordare, e il saluto è sempre amaro. Li odio, ma a volte non ci si può semplicemente esimere. Come dico sempre, piangiamo per noi stessi, non per i grossi nomi. Come nella poesia di John Donne, è un pezzo della nostra vita che se ne va, la campana suona per noi. Ignorarla non serve a niente. Tacere è spesso opportuno. Ma oggi non ci riesco. Odio i coccodrilli. E ancora di più odio quando mi sento costretto a scriverno uno. E oggi anche di più. Perché nel giro di poche ore se ne sono andati due personaggi importanti della mia giovinezza, a livelli diversi, ma presenti con altrettanta forza nella mia memoria e nel mio immaginario. Oltre all'immenso George Romero, cineasta che ha trasformato il mito etnico degli zombi in metafora politica, generando un'icona cinematografica allegorica potentissima (non a caso, oggi li definiamo "zombi romeriani"), se ne è andato anche l'attore Martin Landau. Una presenza costante nel cinema (lavorò con Hitchcock in "Intrigo internazionale" e vinse l'oscar per il bel "Ed Wood" di Tim Burton) e icona televisiva della fantascienza. Ero un bambino quando esordì "Spazio 1999". Una cooproduzione anglo-italo-americana che per il tempo innovava parecchio la nostra concezione del serial fantascientifico. Collocandosi accanto (parallelo) al mondo più solare di "Star Trek", anticipando le tematiche del futuro "Voyager" e introducendo quegli elementi gotici e horror che Ridley Scott avrebbe portato a maturazione sul grande schermo con il suo "Alien".E' il corso naturale delle cose. Ma ogni volta dobbiamo scendere a patti, e parlare, ricordare, scrivere un coccodrillo per andare avanti. Perché con ricordi così intensi, crolla anche un pezzo del nostro passato, e avvicina anche noi al traguardo. Un saluto, a entrambi. Ognuno grande a suo modo e nel suo ambito. Entrambi amatissimi. Da me, almeno.

domenica 16 luglio 2017

Benvenuta, Dottoressa.


Da quando la serie è stata rilanciata, ogni nuova incarnazione del Dottore suscita noiose polemiche. Oggi tutti fingono di essersene dimenticati. Oppure l'hanno effettivamente rimosso, chissà. Ma io ricordo benissimo che una pioggia di critiche iniziali se le beccò pure David Tennant, ancora troppo poco noto per essere subito accettato quando subentrò a Christopher Eccleston. Il tempo di un paio di stagioni e il successo personale lo rese una delle incarnazioni del Dottore più amate di tutti i tempi. Ma le cattive abitudini sono difficili da smaltire. Mai la pazienza di attendere e vedere come funziona la performance. Lo stesso successe con Matt Smith, ritenuto troppo giovane (ma il cui carisma azzerava l'età anagrafica e lo calava perfettamente nel ruolo). Dopo Peter Capaldi, è arrivato il giro di boa che da tanto tempo si attendeva e/o temeva. Il tredicesimo Dottore è una donna, l'attrice Jodie Whittaker (Broadchurch). Ed ecco partire la consueta litania. La palla sul politicamente corretto, sul fatto che la Whittaker è una pessima attrice (ma dove? Forse non capisco niente io) e amenità varie. Per quanto mi riguarda, sapevo che prima o poi sarebbe successo. Solo non me lo aspettavo questa volta. Chissà perché poi. Comunque sono molto curioso di vedere come sarà caratterizzato il personaggio in questa veste inedita. L'unica cosa che mi lascia perplesso è come sarà gestito il doppiaggio (anche se probabilmente vedrò la prossima stagione in lingua originale come negli ultimi anni). Infatti, in inglese Dottore è un termine asessuato. In italiano no. Chissà come suonerà.

venerdì 14 luglio 2017

Rocket Balloon 09: Sogno di una Notte di Mezza Estate


Finale di stagione di Rocket Balloon prima della pausa estiva. Si parla di Wonder Woman (storia fumettistica fino al recente film diretto da Patsy Jenkins). Spider-Man: Homecoming, l'Animal Man di Grant Morrison e i suoi esperimenti metafumettistici. E per concludere: quattro chiacchiere su Shin Godzilla di Hideaki Anno.
Per commenti, suggerimenti, domande: rocketballoonruntime@gmail.com

Cittacotte: PER TERRA E PER MARE...



PERTERRAEPERMARE.

Letteralmente.

A stendere le braccia tra la terra e il mare è stata la Santuzza, ieri, inaugurando la nuova vetrina creata per questo 2017 da mastro Vincenzo Vizzari nella sua bottega “Cittacotte” in via Vittorio Emanuele 120 a Palermo. E potremmo dire: ce n'era bisogno. Oggi più che mai.

Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano celebrata nella ricorrenza estiva del Festino e condotta in effige, come nella leggenda che la vede protagonista, per le strade della città, su un carro che di anno in anno ha perso ogni fascino in un progressivo decadere del gusto.
Eppure, ogni anno, basta l'estro di Vizzari a confezionare riletture della Santuzza in chiavi non scontate. A volte provocatorie, ma sempre animate da un messaggio che arriva forte e chiaro. Sociale più che mistico. Poetico più che agiografico. Talmente personale e intelligente da diventare iconico a sua volta, producendo un ramo del Festino vissuto sottotraccia da molti palermitani come un appuntamento imperdibile. Perché non c'è solo perizia artigianale nelle opere di Vizzari. Ma una forza interiore dirompente. E chi se non la Santuzza, celebrata in questi giorni estivi da una città intenta a gozzovigliare, sarebbe potuta essere portavoce di un grido a favore dell'accoglienza?


Ogni disvelamento di una nuova composizione esposta presso Cittacotte ha sempre luogo con piccoli, agili accorgimenti teatrali. E ad accompagnare l'alzata della tela, stavolta, è stato il rumore ipnotico e minaccioso del mare, accompagnato dal campionamento di suoni provenienti realmente da barconi di migranti. Voci disperate. Rumoreggiare di una massa di esseri umani in agoscia, invocazioni, sono l'atroce e vera colonna sonora di quelle mani che chiedono grazia, emergendo sia dall'acqua che sta per inghiottire i corpi sia dal barcone, che non mostra direttamente i profughi, ma anche qui solo le loro mani protese verso l'alto, prigionieri sottocoperta di qualcosa che suggerisce la bolgia di un inferno dantesco. Le figure intere non sono meno potenti. Una tragedia in tre atti riassunta in un'unica composizione plastica. Sulla sinistra, un uomo piange con il volto nascosto tra le mani. I piedi ancora sulla terra, un istante prima di imbarcarsi verso una flebile speranza di sopravvivenza. L'unica figura umana visibile per intero sul barcone sventola un fazzoletto, aggrappata a un brandello di imbarcazione che ricorda la sagoma di una zattera che lo regge a malapena. Poi ci sono i profughi in mare, che affondano a poca distanza dalla riva, sforzandosi di tenere un bambino fuori dall'acqua. Almeno affinché respiri per qualche istante ancora. A terra, un pugno di uomini seminudi si sforzano di tirare in secco l'imbarcazione con delle corde. Non ci sono tratti marcatamente distintivi tra migranti e soccorritori. Nessuna etnia definita, come a sottolineare l'insensatezza di etichette davanti alla tragedia umana.


E su tutto, Santa Rosalia. Una Rosalia che forse si lancia nel vuoto dal suo antico rifugio su monte Pellegrino. Forse volerà, sorretta dai gabbiani che la attorniano. Forse precipiterà, decretando la caduta di Palermo e la morte della sua anima morale, giù in mare, in compagnie di quelle vittime che non è riuscita a salvare. Ma il gesto della mano e l'espressione angosciata dicono tutto. Un'esortazione ancestrale a restare umani. L'urlo di un'empatia che si rifiuta di lasciarsi soffocare da ignoranza e fascismi. Una Palermo che sprofonderebbe nel Mediterraneo piuttosto che continuare a esistere senza la pietà umana.

PERTERRAEPERMARE è il titolo di questa composizione di Vincenzo Vizzari per il Festino 2017. Forse la più esplicitamente politica. Per coloro che per “politica” intendono la vita della gente, da qualunque parte essa provenga, e la mettono al primo posto. L'iscrizione nel cielo che fa da sfondo alla scultura leggiamo le parole: “L'umanità è la migliore delle religioni”. Frase pronunciata nella realtà da un migrante giunto in un centro accoglienza siciliano, e che Vizzari ha deciso di far sua, scolpendola e accostandola coraggiosamente alla figura della santa patrona di Palermo.
Contro i facili populismi e gli slogan ignoranti, contro gli “aiutiamoli a casa loro” (si sarebbe potuta dire la stessa cosa degli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania nazista, ma la giornata della memoria è diventata solo un'altra data sul calendario).


Nello stesso tempo, quella di quest'anno è comunque una Rosalia anche metafisica. Forse più degli altri anni, in quanto riconducibile al senso di carità sommerso da ciarpame ormai riconducibile più alla superstizione che al senso religioso. Una Santuzza che ha compreso il senso di appartenenza all'umanità, e che ricusa il suo ruolo di vessillo in una città che chiude le sue mura ai bisognosi. Una Rosalia che lancia un appello accorato. Un grido umano e artistico che vibra nella vetrina di Cittacotte, e che meriterebbe (come ogni anno) molta visibilità in più.


Viva Palermo e Santa Rosalia.


sabato 8 luglio 2017

Tornando a casa (dopo aver visto Spider-Man: Homecoming)


Allora... Tom Holland è sicuramente UN Peter Parker, e il suo UN Uomo Ragno (fatico ancora a chiamarlo Spider-Man) godibilissimo. Insensato sarebbe il confronto con le versioni precedenti. E questo a prescindere dal valore che si possa, voglia attribuire a ciascuno dei film in questione. Mi sembra inopportuno anche commentare come "questo è il vero Uomo Ragno" o "non è il vero Uomo Ragno". Anche questo da applicare a tutti i film del franchise. L'Uomo Ragno, come molti altri personaggi iconici, ha tanti aspetti e tante possibili letture. Le hanno avute personaggi come Robin Hood, Zorro, Sherlock Holmes. Non è diverso. Ogni lettura può scegliere di sottolineare un aspetto piuttosto che un altro. Pertanto è il caso di dire che si apprezza più l'uno o l'altro, non che uno sia "vero" a dispetto di altri "falsi". Non in questo caso almeno.
L'unico reale difetto di Spider-Man: Homecoming, di per sé un film simpatico e abbastanza riuscito, è la sua natura derivativa. Due versione ancora recenti alle spalle, e soprattutto la necessità, lo volontà progettuale di creare una nuova lettura del personaggio per inserirlo nell'universo condiviso del MCU. Ormai il protagonista può fare a meno di narrare la sua genesi, e anche di diversi comprimari importanti. La cosa rilevante è incastrarlo nel quadro generale. E questo forse è il tasto dolente (per alcuni, per me). E' un film divertente, ma che esiste in quanto tessera di un gioco del Domino che da sola non può stare in piedi. Non potrà mai essere il film definitivo sull'Uomo Ragno, in quanto non è fruibile senza aver visto le pellicole precedenti. Questo vale tanto per i fans che per (ancora peggio) lo spettatore occasionale. Accettiamo questa nuova logica televisiva traslata al cinema. Attualmente tiene commercialmente banco, e negarlo è inutile. Ormai è come seguire un serial TV su grande schermo, con vari spin off, e tempi molto più lunghi. Altro da aggiungere, nel bene o nel male, riguardo Spider-Man: Homecoming non è realmente necessario.

Maledette Nuvole - FAUST di Quinn e Vigil (il "vero" Spawn?)


Faust... il mito del patto con il diavolo rivive in un delirante fumetto metropolitano dove la violenza, il sesso e il puro delirio regnano sovrani. Un fumetto underground che ha impiegato decenni a tagliare il traguardo, subendo censure, intervalli, cambi editoriali, una pioggia di critiche scandalizzate e divieti. Stroncato dalla critica italiana nei primi anni 90, è diventato un cult dell'estremo per i lettori americani. Un supereroe infernale lontano anni luce dalle rassicuranti versioni generaliste. L'opera di Quinn e Vigil che ispirò in parte il più noto Spawn e che conserva ancora oggi la sua carica sovversiva e allucinatoria.

sabato 1 luglio 2017

Palermo Pride 2017


Quest'anno ero partito stanco... anche perché da quattro anni vado al Pride da solo. E dopo aver contribuito, nel nostro piccolissimo, a sdoganarlo nella città di Palermo, per me ha un gusto agrodolce. Però una volta sul posto sono stato contagiato dall'atmosfera di festa. E dal fatto che il Pride di Palermo fa parte della mia storia personale come di quella di tutti i fratelli e le sorelle, LGBT e non, con i quali ci raduniamo ogni anno per questa grande manifestazione. Alla
 signora palermitana che in via Roma ha mormorato alle mie spalle «Ma cosa vorrebbero comunicare?» rispondo con colpevole ritardo: «A lei niente, madame. Solo così si può commentare una domanda che pretende di avere già in sé una risposta. Perché la sua non è una domanda. E' un giudizio. E dei più ipocriti. Se proprio vuole una risposta circostanziata, se davvero ha voglia di comprendere, inizi studiando un po'. Informandosi da dove ha origine questa festa e questa voglia di uguaglianza senza aver più timore di nulla.»